Diego Scaccabarozzi

Prevenire, educare, sensibilizzare in nome di Diego

“È strano dirlo, ma sto veramente facendo fatica a ricordare i momenti normali, cioè del vissuto normale con Diego. Da dopo l’incidente c’è stato come un vuoto. Forse la cortina si sta aprendo un pochino adesso; fino ad ora avevo davanti l’immagine di Diego in questo periodo, che mi sembrava avesse cancellato il ‘prima’”. Le parole di Anna, mamma di Diego Scaccabarozzi, risuonano così pochi giorni dopo il funerale del figlio, 22 anni, celebrato lunedì 17 gennaio 2022 nella chiesa parrocchiale di Monticello Brianza (LC) gremita di gente.

Il cuore di Diego si è fermato 1291 giorni dopo l’incidente automobilistico, che gli ha procurato i gravi traumi che lo hanno fatto entrare prima in coma indotto e poi in stato vegetativo.

DIEGO

Diego notava nei funerali incoerenza, quasi ipocrisia, date dal fatto che le persone, tutte, diventassero solo brave e buone una volta morte. Forse allora troverebbe esagerati i titoli e le testimonianze, che spiccano sulla pagina che Il Giornale di Merate gli ha dedicato martedì 18 gennaio 2022: “In campo lottava, era tra i più forti”, “Spesso era silenzioso, ma sapeva far divertire”. Chi lo ha conosciuto non riesce a parlarne se non con affetto ed ammirazione.

I compagni della squadra di calcio della Sirtorese, nella quale giocava sin da bambino, lo definiscono: “Sorridente, riusciva ogni volta a portare il buonumore, sia nella squadra che nel tempo libero. Ogni cosa con lui sembrava più luminosa. Anche crescendo non ha mai perso la gioia e l’energia di quando era bambino e quando serviva riusciva ad essere concentratissimo, presente e focalizzato sull’obiettivo al cento per cento. Era uno dei più bravi ed il suo carattere, posato e determinato, lo aveva reso uno degli esempi anche per i più piccoli. Anche l’allenatore ne era conquistato”.  E ancora: “Calmo, educato, sempre attento alle necessità di chi lo circondava e pronto a sostenere chiunque ne avesse bisogno. Era un combattente: sia nella vita che nel gioco era uno di quelli che lottavano di più. Era uno dei migliori sul campo: attento e deciso, ma anche estremamente buono. Credo davvero che fosse una delle persone più buone, che io abbia mai incontrato. Un bravo ragazzo, di quelli all’antica diciamo. Per i suoi amici e per chi avesse bisogno, c’era sempre”.

Gli insegnanti dell’Istituto Superiore M.K. Gandhi di Besana in Brianza (MB) parlano con affetto di: “Un ragazzo serio, maturo, qualche volta malinconico e silenzioso anche per la prematura scomparsa del padre. Probabilmente preferiva intervenire solo quando era sicuro di aver qualcosa di importante da dire. Ha saputo costruire un bel rapporto con i compagni e con i docenti”.

Per due compagne di classe Diego era un ragazzo: “Semplice e alla mano, sempre pronto alla battuta e allo scherzo. Tornando da scuola, i dieci minuti di tragitto sembravano ben di più per le risate, perché con Diego era così: trasmetteva allegria e voglia di scherzare. Anche quando le cose non erano al meglio lui riusciva a trovare una parola buona pur di strapparti un sorriso”.

La mamma ricorda la sua passione per il calcio e la musica e conferma il suo carattere determinato, socievole e soprattutto schietto: “Quando doveva dire le cose in faccia le diceva. Poi c’è stata la fase adolescenziale, durante la quale si è notata maggiormente l’introversione. Pur dotato di franchezza, aveva grande stima delle persone a lui care, totale apertura nei confronti degli altri e fiducia negli amici. Ha sempre cercato l’autonomia e l’indipendenza; aspirava forse a trasferirsi in una città come Milano: magari si vive in modo più anonimo, ma la mentalità è più aperta. Lui, che aveva amici di diverse estrazioni e provenienze, pativa gli atteggiamenti segnati dal pregiudizio”.

Sostenuto l’orale dell’esame di maturità giovedì 5 luglio 2018 e conseguito il diploma in Amministrazione, finanza e marketing, aveva l’intenzione di cercare un lavoro e guadagnarsi l’indipendenza.

L’INCIDENTE

Venerdì 6 luglio, il giorno dopo aver concluso l’esame di maturità, Diego è uscito con gli amici. Sono passati a prenderlo a casa alle 22 circa, direzione Sirtori, il paese della sua squadra di calcio. Poi il gruppo, intorno alle 23, diviso in due macchine, si è spostato verso Barzanò probabilmente per recarsi in un locale. Da Sirtori a Barzanò sono meno di due chilometri di strada in discesa e non molto larga, che non appare particolarmente infida. Ma sono più frequentemente proprio i percorsi conosciuti a rivelarsi fatali. Sul rettilineo che segue una lunga curva a destra, nei pressi del confine comunale, la seconda delle due auto dei ragazzi, un’utilitaria che trasporta quattro di loro, invade la corsia opposta nel momento in cui sta incrociando un’altra auto di piccole dimensioni con la sola guidatrice a bordo. La macchina dei giovani impatta con il lato posteriore sinistro contro lo spigolo sinistro del muso dell’altra, si dirige a destra, impatta contro una cancellata, ruota e si ribalta, strisciando sul tetto fin contro il guardrail di sinistra.

Arrivano tre ambulanze, due automediche, l’elisoccorso dell’ospedale Sant’Anna di Como, due camion dei Vigili del Fuoco e la Polizia Stradale.

I due ragazzi seduti sui sedili anteriori sono praticamente illesi. La signora dell’altro mezzo viene ricoverata e dimessa il giorno stesso. Il ragazzo seduto sul sedile posteriore vicino a Diego e, come lui, privo di cintura di sicurezza, viene estratto e portato in elicottero all’ospedale di Legnano (MI), dove saranno necessari interventi alla milza, al bacino e ad un polmone. Diego viene aiutato ad uscire. Ha una perdita di sangue da una ferita frontale ed è in parte vigile, collaborativo e confabulante, anche se confuso, quindi viene sedato e trasportato in ambulanza all’ospedale Manzoni di Lecco, dove viene ricoverato in rianimazione.

Tutto il percorso della serata dei ragazzi si è svolto in pochi chilometri tanto che il punto dell’impatto dista non più di 5-6 chilometri dalla casa di Diego. Anna sente l’elicottero e alcune ambulanze che passano nei dintorni, ma non pensa sia accaduto qualcosa proprio a suo figlio e non viene avvertita subito. Il personale sanitario, spiegherà poi, che ovviamente viene data la priorità alle attività di soccorso. Gli amici, sotto shock, avviseranno un’ora e mezza dopo, con il cellulare di Diego ancora funzionante, il fratello, non trovando il coraggio di chiamare direttamente la mamma. I familiari di Diego, arrivati all’ospedale di Lecco, vengono ricevuti in Pronto Soccorso e poi fatti accomodare in una stanza dedicata della rianimazione con il supporto dei medici, che espongono la situazione in modo chiaro, compresa la possibile eventualità della perdita del figlio, facendoli comunque sentire accolti e confortati pur nella gravità del momento.

DOPO L’INCIDENTE

“Inizialmente è uno sconvolgimento totale; è come entrare in un vortice per fronteggiare una cosa inaspettata, sconosciuta, spaventosa, devastante. Nel contempo ti attivi, ti devi attivare, con l’adrenalina che ti resta, nonostante ci si senta completamente impotenti”.

In questo stato emotivo la mamma affronta subito le prime tremende complicazioni. Diego ha subito un trauma cranico facciale: inizialmente il problema sembra principalmente osseo e si prospetta un intervento chirurgico maxillo-facciale, invece il colpo ha provocato subito una trombosi, che successivamente ha causato la comparsa di plurime aree ischemiche. Inizia così una degenza ospedaliera lunga otto mesi tra reparto di rianimazione e neuroscienze. Sono necessari tracheotomia ed inserimento, a causa di idrocefalo, di una derivazione esterna, che verrà sostituita molte volte per ostruzione. Persiste una febbre, spesso alta, una  sorta di febbre interna provocata dal trauma. È necessario l’inserimento di una PEG (gastrostomia endoscopica percutanea) per la nutrizione. Frequenti saranno le emorragie e le infezioni, tra cui episodi di setticemia, alle quali spesso, in ospedale, i fisici debilitati vengono esposti e le lesioni cutanee dovute all’immobilizzazione per tenere in equilibrio la derivazione cerebrale. Con il tempo si riduce la risposta alle varie terapie antibiotiche. Quando finalmente si riesce ad inserire la derivazione sotto pelle con scarico in addome, Diego viene trasferito in una struttura riabilitativa, gli Istituti Clinici Zucchi di Carate Brianza (MB), dove trascorre sei mesi: viene sottoposto ad esami specifici, pratica fisioterapia e logopedia, raggiungendo anche parziali risultati. Tuttavia, al termine del percorso, Diego non deglutisce correttamente e fornisce risposte in modo discontinuo e non autonomo, quindi viene confermata una diagnosi di stato vegetativo, a tratti di minima coscienza, con doppia emiplegia e marcata spasticità ai quattro arti; ipovedente. Successivamente, data la permanenza di una situazione precaria, Diego viene trasferito presso gli Istituti Riuniti Airoldi e Muzzi di Lecco, storica RSA con presenza di reparti specifici e di un nucleo protetto per lungo degenza dedicato a pazienti in tali condizioni.

La struttura è di fronte all’ospedale che ha curato Diego nei primi mesi e dove può essere assistito d’urgenza nel caso di insorgenza di complicazioni. Anche per questa eventualità i familiari decidono di ricoverarlo in un luogo attrezzato, che garantisca il contatto diretto ed immediato con l’ospedale, invece di assisterlo a casa.

Poi è subentrata la pandemia e la situazione è diventata ancora più ostica con il divieto per i familiari di poter accedere come di consueto alle strutture assistenziali, anche se il personale di cura, coadiuvato dalla tecnologia, ha fatto di tutto per mantenere vivi i contatti. Dal reparto di rianimazione dell’ospedale alle varie strutture la famiglia ha sempre trovato supporto psicologico.

La mamma ricorda che successivamente subentra il discorso etico e si prova un’alternanza di emozioni: difficile sperare che una persona possa vivere per anni così; si comincia a comprendere che forse, salvo un miracolo, la situazione non cambierà molto. Ci si chiede come stia vivendo, quanto dolore percepisca, ma nello stesso non si può fare altro. Come genitore non vuoi neanche altro, perché è chiaro che quello che potrebbe succedere in estremo sarebbe tragico.

“Ti devi fidare ed affidare alle varie strutture senza poter sapere direttamente da tuo figlio come si trova realmente – racconta Anna –. Forse, chissà, potrebbe esserci un posto ancora più indicato, ancora più efficace per fargli fare quelle piccole conquiste necessarie a cambiare la qualità della sua vita in quella situazione”.

A causa di ennesime complicazioni Diego muore il 15 gennaio 2022, circa tre anni e mezzo dopo l’incidente.

Anna ha scelto il percorso del perdono per non rimanere invischiata nel rancore. Oggi sente il desiderio di raccontare la storia di Diego, così che questo aiuti altri, anche se il cuore vacilla nel raccontare il vissuto e quando talvolta nota che alcuni conoscenti, giunti in lacrime in terapia intensiva o che comunque hanno conosciuto la tragica vicenda di suo figlio, sembrano aver già dimenticato e non averne tratto insegnamento, continuando a mantenere comportamenti non corretti alla guida. La speranza di salvare altre vite attraverso il ricordo tuttavia non l’abbandona. E così questa storia viene raccontata durante gli incontri di sicurezza stradale organizzati dall’Associazione dalla viva voce di Anna. In memoria di Diego e di tutte le vittime della strada.

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