Non si definisce cieco, è un termine che non gli appartiene. Andrea Bianco è “non vedente” perché fa riferimento ad una situazione fisica originata da una malattia o un incidente. Il termine “cieco” lo reputa più adeguato a descrivere una disposizione mentale, etica. Insomma, una persona può vederci benissimo, ma non avere valori, non avere rispetto e fare il suo interesse a scapito degli altri, mancare della capacità di entrare in empatia con gli altri allargando i propri orizzonti: questo per Andrea Bianco significa essere ciechi.
Lui, invece, la vista l’ha persa a 21 anni a causa di un incidente stradale mentre era alla guida della sua auto in una strada di montagna dell’Alto Adige. Un camion ha svoltato a sinistra proprio mentre Bianco lo stava sorpassando. A bordo anche l’allora fidanzata Lara, ora sua moglie, uscita illesa. Disperate invece le condizioni di Bianco: frattura della base cranica, degli zigomi, del palato, del mento, del setto nasale, dei denti, edema ed ematoma cerebrale, schiacciamento polmonare, frattura delle costole, del femore sinistro in dieci pezzi, dei malleoli, schiacciamento del nervo sciatico, rottura dell’arteria giugulare. L’ospedale di Bolzano non era attrezzato quindi è stato trasferito a Verona dove, dopo venti di coma e quattro mesi di ricovero, è stato dichiarato fuori pericolo di vita. Ma l’ematoma e l’edema cerebrale avevano danneggiato i nervi ottici compromettendo irrimediabilmente la vista.
Ma non per questo ha detto addio ai suoi sogni e alla sua indole: già da piccolo aveva scoperto di avere una predisposizione artistica e, seppure avrebbe voluto frequentare l’idoneo liceo, non ha potuto farlo perché la città di Bolzano ne era sprovvista. Un sogno chiuso nel cassetto per qualche anno ma riaperto dopo l’incidente, quando ha scoperto che esistevano corsi in cui veniva insegnato ai non vedenti come lavorare l’argilla. Da lì è passato a lavorare prima il marmo e poi il legno, seppure con qualche difficoltà perché quasi nessuno se la sentiva di mettere nelle mani di un non vedente attrezzi come le sgorbie, gli scalpelli e le raspe.
Ma Bianco non si è lasciato condizionare. Giorno dopo giorno ha affinato la tecnica e oggi è tra gli scultori italiani più apprezzati. Realizza prevalentemente figure femminili, essenziali e dal corpo allungato, perché come spiega lui stesso sul suo sito web “vogliono invitare il visitatore ad innalzare lo sguardo. Ritengo che ogni forma, ogni persona, ogni animale, ogni cosa può ricondurre al Nostro Signore, quando lo si guarda con cuore aperto. Mi piace mantenere le “mani libere” e realizzare ciò che sogno, che sento e che desidero. Mi lascio influenzare da incontri, situazioni, viaggi. Amo confrontarmi con altri artisti e scambiarci idee”. Il riferimento alla fede si ritrova anche nei suoi lavori. Tra le sue opere più celebri compare infatti un volto di Cristo in argilla su una base di marmo dal nome “Ecce Homo secondo la Sindone”. L’ha realizzato nel 2021 e si trova oggi nel museo della Sindone presso l’istituto Regina Apostolorum di Roma.
Andrea Bianco incarna il vero concetto di resilienza: mai lasciarsi sopraffare delle difficoltà. Anzi, spesso occorre cavalcarle così da riuscire a raggiungere mete considerate inarrivabili.
Andrea Bianco artigiano incidente stradale
Last modified: 16 Dicembre 2024