PROCESSO GENOVESE: LE VITE DI GAIA E CAMILLA NON POSSONO VALERE SOLO 5 ANNI DI RECLUSIONE

28/09/2020
PROCESSO GENOVESE: LE VITE DI GAIA E CAMILLA NON POSSONO VALERE SOLO 5 ANNI DI RECLUSIONE

Una richiesta che ci lascia indignati e che ancora una volta ci fa capire, nonostante la norma esista, quanto l’applicazione della legge sia poi lontana da pene che riescano a fungere da deterrente e che in primo luogo assicurino giustizia alle vittime.

Si è svolta questa mattina, lunedì 28 settembre, presso il Tribunale di Roma la prima udienza contro Pietro Genovese, accusato del duplice omicidio stradale di Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli, le due sedicenni falciate nel dicembre 2019 su Corso Francia.

Il pm Felici, a seguito di una lunga ed articolata requisitoria, ha chiesto per l’imputato 5 anni di reclusione, una pena pecuniaria da definirsi e la revoca della patente. L’ultima parola spetta ora al giudice Sturzo che lo scorso 13 luglio, aveva rigettato la richiesta della difesa che chiedeva per l’imputato l’abbreviato condizionato dall’escussione di un teste ammettendo invece l’abbreviato secco.

Durante l’udienza di luglio la nostra Associazione si era costituita parte civile e il giudice aveva accolto la costituzione. Oggi l’Associazione era presente in aula, rappresentata dall’avv. Federico Cola, a sostegno delle famiglie delle due giovani e in nome di tutte le vittime della strada. “È per loro che deve proseguire il nostro impegno dentro e fuori le aule di Tribunale – ha commentato il Presidente Giacinto Picozza. – La vita di due ragazze di 16 anni, i loro sogni, i loro progetti e quelli di tutte le persone che le hanno amate, sebbene non esista alcun corrispettivo equo, non può in alcun modo valere solo 5 anni. L’esempio al rispetto delle regole e soprattutto della vita altrui deve arrivare anche dalle sentenze. Giustizia e non vendetta”.

 


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